Commento a circolare INAIL richiesta chiarimenti del 17.03.2020
A seguito della proliferazione dei decreti emergenziali sotto forma di Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, Decreti Legge, Decreti dei Presidenti delle Regioni, delle Provincie Autonome e dei Sindaci, è il caso di spendere alcune parole sulla recente circolare INAIL pubblicata sul sito dell’ente in ordine all’indennizzabilità dell’assenza dal posto di lavoro per aver contratto il covid – 19.
La circolare offre alcuni chiarimenti in merito alla gestione dell’infortunio da covid-19 dei dipendenti di aziende sanitarie pubbliche e private determinando criteri di indennizzabilità.
Ma è necessario andare oltre e guardare al dopo, ovvero alla gestione del sinistro INAIL a seguito del superamento della fase di malattia temporanea e dei profili risarcitori in capo all’ente previdenziale ed al datore di lavoro pubblico e privato ove reliquino danni permanenti.
Potrebbe porsi, innanzitutto, un falso problema: a seguito di infortunio sul lavoro l’indennità temporanea viene corrisposta dall’INAIL se ed in quanto le previsioni contrattuali ( mi riferisco ai C.C.N.L. o ai contratti individuali) siano meno favorevoli. L’indennità giornaliera di infortunio è pari al 60% della retribuzione media giornaliera (RMG) dal 4° al 90° di infortunio; Al 75% della RMG dal 91° giorno alla per tanto nel caso in cui le previsioni contrattuali ( mi riferisco ai C.C.N.L.) prevedano un trattamento migliore ( pagamento al 100% ) il pagamento viene effettuato dal datore di lavoro e non dall’INAIL.
Il problema che si porrà è quello afferente al risarcimento del danno biologico se ad intervenuta guarigione persistono postumi invalidanti che sarà oggetto di altri articoli. Ove gli stessi persistano sarà necessario individuare, per via analogica, a quale categoria essi siano ascrivibili per la valutazione del danno biologico e la loro indennizzabilità.
La circolare si applica al personale medico e sanitario, dipendente di aziende pubbliche e private.
Ritengo personalmente che non vi è motivo di non applicarla a tutti i dipendenti, pubblici e privati, soggetti all’assicurazione INAIL che abbiano contratto il morbo a causa di servizio o per causa di servizio ( ad. Es. Forze dell’Ordine, protezione civile etc. etc.).
L’indennizzabilità sorge per la contrazione del virus o perché è stato contratto nell’ambiente di lavoro ( si pensi agli infermieri ed altro personale sanitario che lavora in ambito ospedaliero e/o assistenziale, ma anche tecnico ed amministrativo che opera nello stesso ambiente ) ovvero a seguito dello svolgimento dell’attività lavorativa.
Se il concetto di contagio nello svolgimento dell’attività lavorativa è facile da identificare il contagio nell’ambiente di lavoro, soprattutto per chi non svolge attività sanitaria o alla stessa collegata ( si pensi al personale addetto alla raccolta del materiale contaminato da smaltire ), costituisce un’ipotesi alquanto ampia e lascia diversi spazi interpretativi. Anche il personale non sanitario può contrarre o aver contratto il virus nello svolgimento dell’attività lavorativa purchè la stessa sia stata occasione del contagio. Ma al di là del personale sanitario latu sensu si pensi al caso del personale navigante: lo stesso può aver contratto il virus in quanto si trovava recluso, con i passeggeri della nave, in ambiente ove il virus è circolato . Bisognerebbe operare per il singolo caso un tipico giudizio contra fattuale: esiste responsabilità ed esiste danno se ed in quanto lo stesso è causato dallo svolgimento dell’attività lavorativa che è stata la causa efficiente che ha promosso lo stato morboso ( cosi nel caso del personale navigante: nella nave si sono verificati tra i passeggeri dei casi di covid-19; io lavoravo sulla nave senza possibilità di sbarcare e ho contratto il virus; se non mi fossi trovato in questa circostanza, ovvero non fossi stato imbarcato, è ragionevole che non avrei contratto il virus ovvero lo avrei contratto in condizioni diverse). Manca giurisprudenza al riguardo ma le Corti avranno modo ed occasione di pronunciarsi sul punto.
Ciò che ha chiarito la giurisprudenza in materia di contagio ( ipotesi infezione da HCV ed Epetite) è l’onere probatorio in capo al danneggiato che non potendo provare con certezza il momento del contagio può ricorrente a presunzioni semplici che assurgono al rango di prova. Al riguardo ha chiarito la Giurisprudenza, per altro richiamata nell’allegata nota, che è causa violenta di infortunio sul lavoro anche l’azione di fattori microbici o virali che, penetrando nell’organismo umano, ne determinano l’alterazione dell’equilibrio anatomico-fisiologico; purché la suddetta azione sia in rapporto, accertabile anche col ricorso a presunzioni semplici, con lo svolgimento dell’attività lavorativa. ( cass. Civ. 5674/1982). Quindi il nesso eziologico potrà essere accertato a mezzo di presunzioni semplici ovvero indici anche statistici.
Ed infatti specifica la circolare che ove sia impossibile provare la causa certa del contagio si può presumere che lo stesso sia avvenuto nello svolgimento dell’attività lavorativa.
Ulteriore dato rilevante riporta all’onere della prova di cui in precedenza è l’inciso della circolare ove esplica che il rischio di contagio va commisurato, che resta a carico dell’operatore, va commisurato al dato epidemiologico territoriale.
A questo dato epidemiologico va data un’adeguata interpretazione: esso non è un dato epidemiologico puro valido ai fini statistici ma dato – territoriale che si riferisce ad un’area più o meno circoscritta; – aziendale che si riferisce al singolo e specifico ambiente di lavoro.
Tralasciando gli aspetti amministrativi dell’infortunio ( per i quali si rimanda alla al sito dell’INAIL https://www.inail.it/cs/internet/attivita/prestazioni.html e da qui si può effettuare la ricerca per la prestazione richiesta) ma evidenziando che l’istituto invita a dare un’applicazione elastica del dettato normativo in ordine alla tempistica ed agli adempimenti da seguire ( varrà pure per i termini di decadenza / prescrizione al di là della sospensione vigente?) si deve evidenziare un dato essenziale della citata circolare. Essa prescrive infatti che
Per tanto il dies a quo è costituito dalla data di attestazione positiva del contagio attraverso test specifico di conferma. L’elasticità propugnata prima viene subito abbandonata? Sembra proprio di si.
La tutela interviene se ed in quanto sia stato effettuato il tampone e lo stesso sia positivo e non in altre ipotesi. Solo la positività accertata a mezzo di tampone da luogo all’intervento INAIL per il riconoscimento dell’inabilità temporanea e l’intervento sussidiario dell’ente.
Lo si deduce dalle ipotesi esemplificative di intervento successivamente citate
Nell’ipotesi 1 mancando il nesso di occasionalità necessaria non vi è tutela;la tutela è limitate alle ipotesi 2 e 3 che presuppongono la positività al test.
Per tanto vi è elasticità solo per la trasmissione dei dati, dei certificati, delle visite mediche ma non in ordine all’accertamento del fatto generatore del danno: il contagio va provato con il tampone; diversa è la prova del momento del contagio e la sua causa per la quale si potrà fare ricorso alle presunzioni semplici.
Richiesta chiarimenti malattia-infortunio da covid-19 (nuovo coronavirus)
Avvocato Andrea Anfuso Alberghina