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Card docenti: spetta anche ai precari con contratto a tempo determinato
Card docenti: spetta anche ai precari con contratto a tempo determinato

Ancora una volta viene sanzionato un comportamento abusivo del Governo Italiano in materia di docenti non di ruolo assunti a tempo determinato : questa volta si tratta della cosiddetta Card Docenti ovvero del contributo di € 500,00 annui introdotto dall’art. 1, comma 121, della l. 13 luglio 2015, n. 107,  per dare attuazione all’art.  282 del decreto legislativo del 16 aprile 1994, n. 297 – per il quale l’aggiornamento delle conoscenze è un diritto-dovere fondamentale del personale ispettivo, direttivo e docente. Esso è inteso come strumento per permettere l’adeguamento delle conoscenze allo sviluppo delle scienze per le singole discipline e nelle connessioni interdisciplinari, e per permettere l’approfondimento della preparazione didattica e come partecipazione alla ricerca e all’innovazione didattico-pedagogica.

 

Per informazioni   contattare avvocato Andrea Anfuso Alberghina mail segreteria.studioanfuso@gmail.com o 3393635200

 

Il quadro normativo di riferimento

Prevedeva,   l’art.  282 del decreto legislativo del 16 aprile 1994, n. 297 –  1. L’aggiornamento e’ un diritto-dovere fondamentale del  personale ispettivo, direttivo e docente. Esso e’ inteso come adeguamento delle conoscenze allo sviluppo delle scienze per singole discipline e nelle connessioni    interdisciplinari;    come    approfondimento    dellapreparazione didattica;  come  partecipazione  alla  ricerca  e  alla innovazione didattico-pedagogica.  2. L’aggiornamento  si  attua  sulla  base  di  programmi  annuali nell’ambito del circolo didattico, dell’istituto, del distretto e con iniziative promosse sul  piano  regionale  e  nazionale  anche  dagli istituti regionali di cui all’articolo 287.   3. I circoli didattici e  gli  istituti,  anche  sulla  base  delle proposte dei distretti, favoriscono con  l’organizzazione  di  idoneeattrezzature e di  servizi,  l’autoaggiornamento  e  l’aggiornamento, anche  in  relazione  alle  esigenze  risultanti  dalla  valutazione dell’andamento didattico del circolo o dell’istituto e  di  eventuali iniziative di sperimentazione.

L’art. 1, comma 121, della l. 13 luglio 2015, n. 107,  recita:

Al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, è istituita, nel rispetto del limite di spesa di cui al comma 123, la Carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado.

 La Carta, dell’importo nominale di euro 500 annui per ciascun anno scolastico, può essere utilizzata per l’acquisto di libri e di testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all’aggiornamento professionale, per l’acquisto di hardware software, per l’iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, svolti da enti accreditati presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, ovvero a corsi post lauream o a master universitari inerenti al profilo professionale, per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l’ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo, nonché per iniziative coerenti con le attività individuate nell’ambito del piano triennale dell’offerta formativa delle scuole e del Piano nazionale di formazione di cui al comma 124. La somma di cui alla Carta non costituisce retribuzione accessoria né reddito imponibile”.

Il successivo comma 122 dell’art. 1 cit. demanda a un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, la definizione dei criteri e delle modalità di assegnazione e di utilizzo della Carta in questione.

Il comma 124 al primo periodo stabilisce che “Nell’ambito degli adempimenti connessi alla funzione docente, la formazione in servizio dei docenti di ruolo è obbligatoria, permanente e strutturale”.

In attuazione del comma 122 dell’art. 1 della l. n. 107/2015, è stato emanato il d.P.C.M. 23 settembre 2015  rubricato “modalità di assegnazione e di utilizzo della Carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado”.

L’art. 2 del citato d.P.C.M. individua i destinatari della suddetta Carta elettronica, indicandoli al comma 1 nei “docenti di ruolo a tempo indeterminato presso le Istituzioni scolastiche statali, sia a tempo pieno che a tempo parziale, compresi i docenti che sono in periodo di formazione e prova”. Il successivo comma 4 ribadisce che “la Carta è assegnata, nel suo importo massimo complessivo, esclusivamente al personale docente a tempo indeterminato di cui al comma 1”.

Sostanzialmente: la Card Docenti è uno strumento per permettere, garantire ed agevolare la formazione continua dei docenti, essendo diretta anche all’acquisto e/o partecipazione a corsi i aggiornamento, ingresso in musei e manifestazioni teatrali, ma anche per l’acquisto di apparecchiature informatiche importanti prima dell’emergenza COVID essenziali oggi con il protrarsi della Didattica a Distanza ma  in forza dell’ultimo citato D.P.C.M. la card è stata riconosciuta e corrisposta ai soli documenti di ruolo.

I riferimenti contrattuali

 Il c.c.n.l. del 29.11.2007 prevede un obbligo generalizzato di formazione in capo a tutti i docenti non distinguendo tra docenti di ruolo e non di ruolo.  ART.29 – ATTIVITÀ FUNZIONALI ALL’INSEGNAMENTO 1. L’attività funzionale all’insegnamento è costituita da ogni impegno inerente alla funzione docente previsto dai diversi ordinamenti scolastici. Essa comprende tutte le attività, anche a carattere collegiale, di programmazione, progettazione, ricerca, valutazione, documentazione, aggiornamento e formazione, compresa la preparazione dei lavori degli organi collegiali, la partecipazione alle riunioni e l’attuazione delle delibere adottate dai predetti organi.

Prevede l’art. 63 – FORMAZIONE IN SERVIZIO 1. La formazione costituisce una leva strategica fondamentale per lo sviluppo professionale del personale, per il necessario sostegno agli obiettivi di cambiamento, per un’efficace politica di sviluppo delle risorse umane. L’Amministrazione è tenuta a fornire strumenti, risorse e opportunità che garantiscano la formazione in servizio. La formazione si realizza anche attraverso strumenti che consentono l’accesso a percorsi universitari, per favorire l’arricchimento e la mobilità professionale mediante percorsi brevi finalizzati ad integrare il piano di studi con discipline coerenti con le nuove classi di concorso e con profili considerati necessari secondo le norme vigenti. Conformemente all’Intesa sottoscritta il 27 giugno 2007 tra il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione e le Confederazioni sindacali, verrà promossa, con particolare riferimento ai processi d’innovazione, mediante contrattazione, una formazione dei docenti in servizio organica e collegata ad un impegno di prestazione professionale che contribuisca all’accrescimento delle competenze richieste dal ruolo.

2.Per garantire le attività formative di cui al presente articolo l’Amministrazione utilizza tutte le risorse disponibili, nonché le risorse allo scopo previste da specifiche norme di legge o da norme comunitarie. Le somme destinate alla formazione e non spese nell’esercizio finanziario di riferimento sono vincolate al riutilizzo nell’esercizio successivo con la stessa destinazione. In via prioritaria si dovranno assicurare alle istituzioni scolastiche opportuni finanziamenti per la partecipazione del personale in servizio ad iniziative di formazione deliberate dal collegio dei docenti o programmate dal DSGA, sentito il personale ATA, necessarie per una qualificata risposta alle esigenze derivanti dal piano dell’offerta formativa.

Così prevede il successivo art. 64  1. La partecipazione ad attività di formazione e di aggiornamento costituisce un dirittoper il personale in quanto funzionale alla piena realizzazione e allo sviluppo delle proprie professionalità. 2. Le iniziative formative, ordinariamente, si svolgono fuori dell’orario di insegnamento. 3. Il personale che partecipa ai corsi di formazione organizzati dall’amministrazione a livello centrale o periferico o dalle istituzioni scolastiche è considerato in servizio a tutti gli effetti. Qualora i corsi si svolgano fuori sede, la partecipazione ad essi comporta il rimborso delle spese di viaggio.

Dalla lettura delle norme contrattuali si ricava che la formazione è essenziale per tutti i docenti – sia  di ruolo e non – ed oltre ad essere un diritto ( ma sotto molti aspetti un vero e proprio dovere) la stessa è funzionale alla piena realizzazione e allo sviluppo delle proprie professionalità.

Ma in forza dell’ultimo citato DPCM la card è stata riconosciuta e corrisposta solo a docenti di ruolo, anche in part time, e i docenti con contratto a tempo determinato vi sono stati esclusi.

Il quadro giurisprudenziale di riferimento

Sentenza del Consiglio di Stato n. 1842/2022 del 16.03.2022.

Con la decisione in oggetto il Consiglio di Stato annulla il sopra indicato D.P.C.M. nella parte in cui esclude dai benefici riconosciuti gli insegnanti di Religione a Tempo determinato.

Seppur vero che la citata sentenza ha efficacia solo nei confronti dei ricorrenti, non derivandone l’annullamento del provvedimento amministrativo per i tutti i  soggetti in astratto interessati, la stessa contiene dei principi di diritto fondamentali per la presente fattispecie applicabili analogicamente a tutti i docenti non ruolo. Cosi si legge nella decisione in commento.

Afferma il Consiglio di Stato  Un tale sistema collide con i precetti costituzionali degli artt. 3, 35 e 97 Cost., sia per la discriminazione che introduce a danno dei docenti non di ruolo (resa palese dalla mancata erogazione di uno strumento che possa supportare le attività volte alla loro formazione e dargli pari chances rispetto agli altri docenti di aggiornare la loro preparazione), sia, ancor di più, per la lesione del principio di buon andamento della P.A.: invero, la differenziazione appena descritta collide con l’esigenza del sistema scolastico di far sì che sia tutto il personale docente (e non certo esclusivamente quello di ruolo) a poter conseguire un livello adeguato di aggiornamento professionale e di formazione, affinché sia garantita la qualità dell’insegnamento complessivo fornito agli studenti.

5.2.1. In altre parole, è evidente la non conformità ai canoni di buona amministrazione di un sistema che, ponendo un obbligo di formazione a carico di una sola parte del personale docente (e dandogli gli strumenti per ottemperarvi), continua nondimeno a servirsi, per la fornitura del servizio scolastico, anche di un’altra aliquota di personale docente, la quale è tuttavia programmaticamente esclusa dalla formazione e dagli strumenti di ausilio per conseguirla: non può dubitarsi, infatti, che, nella misura in cui la P.A. si serve di personale docente non di ruolo per l’erogazione del servizio scolastico, deve curare la formazione anche di tale personale, al fine di garantire la qualità dell’insegnamento fornito agli studenti.

5.3. Ma se così è – e invero non si vede come possa essere diversamente, altrimenti si manterrebbero nell’insegnamento docenti non aggiornati, né formati – il diritto-dovere di formazione professionale e aggiornamento grava su tutto il personale docente e non solo su un’aliquota di esso: dunque, non è corretto ritenere – come fa la sentenza appellata – che l’erogazione della Carta vada a compensare la maggiore gravosità dello sforzo richiesto ai docenti di ruolo in chiave di aggiornamento e formazione, poiché un analogo sforzo non può che essere richiesto anche ai docenti non di ruolo, a pena, in caso contrario, di creare un sistema “a doppio binario”, non in grado di assicurare la complessiva qualità dell’insegnamento.

5.3.1. Del resto, l’insostenibilità dell’assunto per cui la Carta del docente sarebbe uno strumento per compensare la pretesa maggior gravosità dell’obbligo formativo a carico dei soli docenti di ruolo, si evince anche dal fatto che la Carta stessa è erogata ai docenti part-time (il cui impegno didattico ben può, in ipotesi, essere più limitato di quello dei docenti a tempo determinato) e persino ai docenti di ruolo in prova, i quali potrebbero non superare il periodo di prova e, così, non conseguire la stabilità del rapporto. E l’irragionevolezza della soluzione seguita dalla P.A. emerge ancora più chiaramente dalla lettura del d.P.C.M. del 28 novembre 2016 (che, come già ricordato, ha sostituito quello del 23 settembre 2015), il quale, all’art. 3, individua tra i beneficiari della Carta anche “i docenti in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o altrimenti utilizzati”: di tal ché, a seguire l’opzione della P.A., vi sarebbero dei docenti che beneficerebbero dello strumento pur senza essere impegnati, al momento, nell’attività didattica, mentre altri docenti, pur svolgendo diversamente dai primi l’attività didattica, non beneficerebbero della Carta e, quindi, sarebbero privati di un ausilio per il loro aggiornamento e la loro formazione professionale.

6.2.2. Ne discende che la questione dei destinatari della Carte del docente va riguardata tenendo conto anche della disciplina prevista in tema di formazione dei docenti dal C.C.N.L. di categoria: questa va letta in chiave non di incompatibilità, ma di complementarietà rispetto al disposto dell’art. 1, commi da 121 a 124, della l. n. 107/2015. L’interpretazione di tali commi deve, cioè, tenere conto delle regole in materia di formazione del personale docente dettate dagli artt. 63 e 64 del C.C.N.L. di categoria: regole che pongono a carico dell’Amministrazione l’obbligo di fornire a tutto il personale docente, senza alcuna distinzione tra docenti a tempo indeterminato e a tempo determinato, “strumenti, risorse e opportunità che garantiscano la formazione in servizio” (così il comma 1 dell’art. 63 cit.). E non vi è dubbio che tra tali strumenti possa (e anzi debba) essere compresa la Carta del docente, di tal ché si può per tal via affermare che di essa sono destinatari anche i docenti a tempo determinato (come gli appellanti), così colmandosi la lacuna previsionale dell’art. 1, comma 121, della l. n. 107/2015, che menziona i soli docenti di ruolo: sussiste, infatti, un’indiscutibile identità di ratio – la già ricordata necessità di garantire la qualità dell’insegnamento – che consente di colmare in via interpretativa la predetta lacuna.

  1. In conclusione, l’appello è fondato e da accogliere, attesa la fondatezza del terzo motivo con esso dedotto e dunque in virtù dell’illegittimità degli atti impugnati (in specie: il d.P.C.M. del 23 settembre 2015 e la nota del M.I.U.R. n. 15219 del 15 ottobre 2015) nella parte in cui escludono i docenti non di ruolo dall’erogazione della cd. Carta del docente, stante la contrarietà di detta esclusione rispetto ai precetti degli artt. 3, 35 e 97 Cost.: ciò che, come già visto, consente di prescindere dalla questione – dedotta con gli altri motivi dell’appello – della conformità della succitata esclusione alla normativa comunitaria, perché, in disparte la fondatezza o meno della questione pregiudiziale comunitaria, gli atti impugnati sono in ogni caso viziati in parte qua.

Ordinanza della Corte di Giustizia del 18.magggio2022 causa c 450/2021

La Corte di Giustizia ha chiarito definitivamente che l’indennità prevista dall’art. 1, comma 121, della l. 13 luglio 2015, n. 107 compete anche ai docenti non ruolo.

Trattasi di un’ordinanza e non di una sentenza.

Differenza di non poco conto. L’adozione della decisione a mezzo di ordinanza presuppone che la questione sia semplice, che non vi siano particolari questioni da trattare e che vada decisa secondo la giurisprudenza consolidata.

Prevede la riguardo la Corte nell’ordinanza de quo

31      Le prescrizioni enunciate nell’accordo quadro sono dunque applicabili ai contratti e ai rapporti di lavoro a tempo determinato conclusi con le amministrazioni e con altri enti del settore pubblico (ordinanza del 22 marzo 2018, Centeno Meléndez, C‑315/17, non pubblicata, EU:C:2018:207, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

32      Nel caso di specie, occorre rilevare che UC, dal momento che è stata assunta dal Ministero in qualità di docente mediante contratti a tempo determinato, rientra nella nozione di «lavoratore a tempo determinato», ai sensi della clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro, in combinato disposto con la clausola 3, punto 1, del medesimo, e pertanto nell’ambito di applicazione di tali disposizioni.

34      La Corte ha pertanto ritenuto che rientrino in detta nozione, tra l’altro, le indennità triennali per anzianità di servizio (v., in tal senso, sentenza del 22 dicembre 2010, Gavieiro Gavieiro e Iglesias Torres, C‑444/09 e C‑456/09, EU:C:2010:819, punto 50, e ordinanza del 18 marzo 2011, Montoya Medina, C‑273/10, non pubblicata, EU:C:2011:167, punto 32), le indennità sessennali per formazione continua (v., in tal senso, ordinanza del 9 febbraio 2012, Lorenzo Martínez, C‑556/11, non pubblicata, EU:C:2012:67, punto 38), la partecipazione a un piano di valutazione professionale e l’incentivo economico che ne consegue in caso di valutazione positiva (ordinanza del 21 settembre 2016, Álvarez Santirso, C‑631/15, EU:C:2016:725, punto 36), nonché la partecipazione a una carriera professionale orizzontale che dà luogo a un’integrazione salariale (ordinanza del 22 marzo 2018, Centeno Meléndez, C‑315/17, non pubblicata, EU:C:2018:207, punto 47).

35      Nel caso di specie, anche se spetta, in linea di principio, al giudice del rinvio determinare la natura e gli obiettivi delle misure in questione, occorre rilevare che dagli elementi del fascicolo sottoposto alla Corte da tale giudice risulta che l’indennità di cui al procedimento principale deve essere considerata come rientrante tra le «condizioni di impiego» ai sensi della clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro

39      Occorre ricordare, in terzo luogo, che, secondo una giurisprudenza costante, il principio di non discriminazione, di cui la clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro costituisce un’espressione specifica, richiede che situazioni comparabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia oggettivamente giustificato (v., in tal senso, sentenza del 5 giugno 2018, Grupo Norte Facility, C‑574/16, EU:C:2018:390, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

40      A tale riguardo, il principio di non discriminazione è stato attuato e concretizzato dall’accordo quadro soltanto riguardo alle differenze di trattamento tra i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato che si trovano in situazioni comparabili (sentenza del 5 giugno 2018, Grupo Norte Facility, C‑574/16, EU:C:2018:390, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

41      Secondo una giurisprudenza costante, al fine di valutare se le persone interessate esercitino un lavoro identico o simile nel senso dell’accordo quadro, occorre stabilire, conformemente alla clausola 3, punto 2, e alla clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro, se, tenuto conto di un insieme di fattori, come la natura del lavoro, le condizioni di formazione e le condizioni di impiego, si possa ritenere che tali persone si trovino in una situazione comparabile (sentenza del 5 giugno 2018, Grupo Norte Facility, C‑574/16, EU:C:2018:390, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

43      A tale riguardo, dagli elementi del fascicolo forniti dal giudice del rinvio risulta, in sostanza, che nel procedimento principale è pacifico, da un lato, che la situazione di UC e quella dei docenti a tempo indeterminato, assunti dal Ministero nell’ambito di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sono comparabili dal punto di vista della natura del lavoro e delle competenze professionali richieste, e, dall’altro, che esiste una differenza di trattamento tra tali docenti a tempo indeterminato e i docenti assunti dal Ministero nell’ambito di rapporti di lavoro a tempo determinato, in quanto questi ultimi non beneficiano del vantaggio finanziario di cui al procedimento principale.

45      Secondo una giurisprudenza costante della Corte, la nozione di «ragioni oggettive» richiede che la disparità di trattamento constatata sia giustificata dalla sussistenza di elementi precisi e concreti, che contraddistinguono il rapporto di impiego di cui trattasi, nel particolare contesto in cui s’inscrive e in base a criteri oggettivi e trasparenti, al fine di verificare se tale disparità risponda a una reale necessità, sia idonea a conseguire l’obiettivo perseguito e risulti necessaria a tal fine. Tali elementi possono risultare, segnatamente, dalla particolare natura delle funzioni per l’espletamento delle quali sono stati conclusi contratti a tempo determinato e dalle caratteristiche inerenti alle medesime o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro (sentenza del 20 giugno 2019, Ustariz Aróstegui, C‑72/18, EU:C:2019:516, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

46      Per contro, il riferimento alla mera natura temporanea del lavoro degli impiegati amministrativi a contratto, come UC, non è conforme a tali requisiti e non può dunque costituire di per sé una ragione oggettiva, ai sensi della clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro. Infatti, ammettere che la mera natura temporanea di un rapporto di lavoro sia sufficiente a giustificare una differenza di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato priverebbe di contenuto gli obiettivi della direttiva 1999/70 e dell’accordo quadro ed equivarrebbe a perpetuare il mantenimento di una situazione svantaggiosa per i lavoratori a tempo determinato (v., in tal senso, sentenza del 20 giugno 2019, Ustariz Aróstegui, C‑72/18, EU:C:2019:516, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

Queste le conclusioni della Corte

Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni pregiudiziali prima e seconda dichiarando che la clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che riserva al solo personale docente a tempo indeterminato del Ministero, e non al personale docente a tempo determinato di tale Ministero, il beneficio di un vantaggio finanziario dell’importo di EUR 500 all’anno, concesso al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, mediante una carta elettronica che può essere utilizzata per l’acquisto di libri e di testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all’aggiornamento professionale, per l’acquisto di hardware e software, per l’iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, ovvero a corsi post lauream o a master universitari inerenti al profilo professionale, per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l’ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo, ad altre attività di formazione e per l’acquisto di servizi di connettività al fine di assolvere l’obbligo di effettuare attività professionali a distanza.

Dal quadro normativo e giurisprudenziale sopra riassunto emerge chiaro il diritto del docente non di ruolo che ha prestato la sua attività presso istituti Statali di percepire l’indennità di € 500,00 per ragion d’anno introdotta dall’art. 1, comma 121, della l. 13 luglio 2015, n. 107.

Le differenze tra la sentenza del Consiglio di Stato e l’ordinanza della Corte di Giustizia

La decisione del Consiglio di Stato fonda l’illegittimità del D.P.C.M. citato sulla base della normativa nazionale in modo particolare sul dettato costituzione: ovvero gli artt. 3,35 e 97 della Costituzione: il comportamento tenuto dal Governo con il D.P.C.M. citato è discriminatorio in quanto la formazione è essenziale per tutti i docenti – sia di ruolo che non di ruolo – in quanto i docenti non di ruolo svolgono le medesime funzioni ed attività dei docenti di ruolo .

La decisione della Corte di Giustizia si fonda, invece, sul diverso presupposto normativo clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato. In base alla giurisprudenza della Corte in questa materia una discriminazione  è lecita solo a condizione che la prestazione del lavoratore a tempo determinato sia diversa, sotto il profilo qualitativo, da quella dei docenti di ruolo.

Se entrambe le categorie di lavoratori prestano la medesima attività ( entrambi sono insegnanti), con il medesimo titolo di accesso, e sono soggette ai medesimi obblighi ( ivi compreso quello della formazione) il mancato riconoscimento dell’indennità de quo è illegittimo.

Inoltre, come da giurisprudenza consolidata, per escludere il beneficio richiesto deve essere dimostrato – e ciò onere dell’amministrazione resistente – che il trattamento deteriore è dovuto a condizioni specifiche del singolo docente : la pubblica amministrazione deve cioè dimostrare che la singola prestazione resa dal docente supplente Tizio o Caia sia qualitativamente diverse da quella dei docenti di ruolo Filano o Mevio non essendo possibile prevedere ed imporre un trattamento deteriore per l’intera categoria dei docenti non di ruolo.

Conclusioni

La giurisprudenza ha riconosciuto il diritto dei docenti non di ruolo a percepire la card docenti.

Presupposto è uno o  una serie di contratti fino alla fine dell’anno scolastico ovvero 30giugno o  31agosto.

Quanto sopra per evitare discriminazioni alla rovescia: ovvero i docenti non di ruolo devono godere dello stesso trattamento dei docenti di ruolo ma non di più.

Seppur vi è stato un riconoscimento giurisprudenziale del diritto manca un atto normativo – ed è difficile che venga adottato dati i tempi ed i costi – che lo riconosca con efficacia retroattiva.

Già vi sono diversi pronunciamenti della giurisprudenza di merito che ha riconosciuto il citato diritto che si possono consultare – ovvero leggere le news dei diversi sindacati o studi legali – on line.

Da prestare, infine, particolare attenzione alla prescrizione: nel caso in esame vi è prescrizione quinquennale e trattandosi di contratti a tempo determinato essa decorre anno per anno alla cessazione del servizio.

Per informazioni   contattare avvocato Andrea Anfuso Alberghina mail segreteria.studioanfuso@gmail.com o 3393635200

Avvocato Andrea Anfuso Alberghina

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